Emilia-Romagna pubblicata dal libro «Annuario del calcio femminile 2002/2003» di Luca Barboni e Gabriele Cecchi a pag. La struttura, con sede nel quartiere Scopaia, dal 2013 avrebbe dovuto sostituire l’Armando Picchi assumendo la denominazione di Ipercoop Stadium, dal nome dello sponsor in passato in predicato di acquisirne i naming rights. Nel nostro Paese, se si esclude la Reggiana che da oltre un decennio milita in categorie minori giocando all’ex stadio Giglio, è stato il Siena il primo club con presenze in A nell’ultimo quinquennio ad affiancare dalla stagione 2007/08 alla 2012/13 al nome di stadio Artemio Franchi quello di Montepaschi Arena in virtù della munifica sponsorizzazione della banca senese, già jersey sponsor dei toscani. A tale sezione è stato abbinato il progetto “Accendi una stella”, che ha permesso ai tifosi di acquistare sino al 30 giugno 2012 una stella con il proprio nome accanto a quella di campioni come Dino Zoff, Alessandro Del Piero, Roberto Baggio, magliette di calcio Zinedine Zidane o Michel Platini. I felsinei, che nel 1998 avevano stipulato un accordo con il Comune per l’utilizzo trentennale dello stadio Dall’Ara, presentarono, nello specifico, nel dicembre 2006 una bozza di maxi-progetto per la realizzazione di una cittadella dello sport con un investimento complessivo che sarebbe stato pari a 500 milioni di euro e avrebbe coinvolto 310 ettari di terreno su cui sarebbero dovuti sorgere un parco divertimenti, un parco acquatico, un parco dell’auto con spazi museali e una pista per le prove su strada, un campo da golf da 18 buche, centri commerciali, negozi ed appartamenti, oltre, ovviamente, al centro tecnico e al nuovo stadio del Bologna.
A Brescia, invece, era stato progettato l’avveniristico Stadium Global Center, che prevedeva la realizzazione a Castenedolo, paese a 16 chilometri dal centro cittadino, di un polo immobiliare comprendente oltre al nuovo stadio del Brescia Calcio anche un centro sportivo polifunzionale, una galleria commerciale con 160 negozi, un ipermercato, 40 esercizi tra ristorazione e tempo libero ed un hotel con 200 camere ed un centro congressi. Con questo sistema è stato possibile schedare, in un’apposita banca dati, circa 7mila tifosi. La ricetta inglese per riportare la gente allo stadio, nel dettaglio, è passata attraverso la completa ristrutturazione degli impianti con l’eliminazione delle barriere tra il campo di gioco e la tribuna, l’installazione di seggiolini in tutti i settori, una capienza di almeno 20mila posti con possibilmente dei box privati, l’uso di telecamere a circuito chiuso, la presa di coscienza dei tifosi dopo il bando di 5 anni dalle competizioni europee imposto dalla UEFA dopo la tragedia dell’Heysel del 29 maggio 1985 e la responsabilizzazione delle società, cui è stata affidata la sorveglianza all’interno degli impianti attraverso la presenza di stewards privati, pagati dai club, in collegamento via radio con la polizia presente solo all’esterno degli impianti.
Particolare, tra le iniziative portate avanti nei giorni delle partite di campionato, è il pacchetto “Match Day Special Tour” che consente ai supporter bianconeri di visitare le aree più esclusive dello stadio, compresi il terreno di giuoco e gli spogliatoi già allestiti con le divise preparate per i calciatori, a poche ore dal fischio di inizio della gara. Tale opzione viene proposta sempre, ad eccezione della concomitanza con i confronti domenicali il cui calcio di inizio è fissato alle 12.30. È invece tramontato a Livorno il progetto relativo all’impianto Stadio dei martiri di polizia per mani ultras, i cui lavori sono stati in passato oggetto di un’indagine della magistratura poi archiviata. Dal punto di vista legislativo i principali interventi sono stati lo Sporting Event Act (1985), che vieta l’introduzione degli alcoolici negli stadi, il Public Order Act (1986), che indica come reato il comportarsi alle partite in modo allarmante, anche se non violento, concedendo ai magistrati il potere di impedire l’accesso negli impianti a singoli tifosi facinorosi che devono presentarsi ai rispettivi comandi di polizia in occasione delle partite, il Football Offences Act (1991), che permette alla polizia di arrestare e far processare per direttissima i tifosi anche solo per violenza verbale (linguaggio osceno e cori razzisti), ed il Football Disorder Act (2002), che conferisce a Scotland Yard poteri tanto enormi da poter sequestrare il passaporto di un sospettato appena cinque giorni prima di una gara che si disputi all’estero.
I club italiani più importanti, ma anche i piccoli, hanno da tempo compreso che la proprietà o l’affitto degli impianti per tempi lunghi sono le uniche modalità per cercare di incrementare quella voce ricavi da stadio che ancora oggi risulta limitata nella maggior parte dei casi ai soli proventi connessi alla vendita dei biglietti. Nell’estate 2013, dopo il ritorno in Serie A, il club amaranto, poi retrocesso al termine della stagione, ha stipulato un accordo con l’amministrazione comunale locale per anticipare i fondi destinati al riammodernamento del Picchi con la spesa, di circa 500mila euro, che sarebbe poi stata scalata dal canone dello stadio da pagare a torneo in corso. Le due società, dal canto loro, si sono impegnate ad apportare lavori di riammodernamento alla struttura per 34 milioni di euro e a pagare ratealmente altri 14 milioni. La copertura in ETFE degli spalti è sorretta da due pennoni che richiamano la vecchia struttura del delle Alpi. Nel 1907, anno della sua fondazione, l’Atalanta adotta una casacca bianconera a strisce verticali sottili, con pantaloncini normalmente neri; questa divisa rimane fino al 1920, anno della fusione con la Bergamasca, quando i colori sociali diventano nerazzurri: viene eliminato il bianco, colore comune delle due squadre, e portato in dote alla nuova divisa sociale l’altro rispettivo colore, nero per l’Atalanta, azzurro per la Bergamasca.
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